La straordinaria vicenda delle Portatrici Carniche si colloca nella storia della prima guerra mondiale come fatto unico, forse, nella storia dei conflitti armati. Per meglio inquadrare l’attività di quelle eccezionali donne, giova innanzitutto conoscere nelle linee generali dislocazione e compiti del nostro Esercito in seno al quale le Portatrici operarono dall’agosto 1915, all’ottobre 1917. L’Esercito Italiano contrapposto a quello Austriaco dallo Stelvio al mare, il 24 maggio 1915 era così schierato: 2 armate (1ª e 4ª) attorno al saliente Trentino, 2 armate (2ª e 3ª) sul fronte Giulia, un gruppo speciale al centro (il Corpo d’Armata), in Carnia e in Val Fella, una riserva di esercito tra Desenzano, Verona e Bassano. Il disegno di operazioni del Comando Supremo aveva come fondamento questo concetto: offensiva su fronte Giulia, difensiva strategica sul fronte tridentina, ma accompagnata da tutte quelle offensive tattiche parziali che valessero a migliorare la nostra situazione difensiva.
Grande importanza era attribuita al tratto che correva dal monte Peralba (sorgenti del Piave) a Montenaggiore (sorgenti del Natisone), comprendenti le valli dell’alto Tagliamento, del Degano, del But e del fella. Nello schieramento dell’esercito esso costituiva elemento a sé stante con il nome di zona Carnia ed era stato posto alle dirette dipendenze del comando Supremo. All’inizio delle ostilità erano dislocati nella zona Carnia 31 battaglioni, di cui 16 alpini, a varie unità di artiglieria e del genio. Il valore strategico della zona Carnia consisteva nel fatto che essa costituiva anello di congiunzione tra armate schierate alla sua sinistra (in Cadore e attorno al saliente Trentino) e quella alla sua destra (nelle Prealpi Giulie e sul Carso); soprattutto, rappresentava la chiusura al nemico di due delle vie di facilitazione che segnano le grandi direttrici di movimento, quella del Passo di Monte Croce Carnico e quella del Fella.
La zona Carnia, per esigenze operative e di comando, era stata suddivisa in due settori: settore But – Degano, dal monte Peralba al monte Cullar (ovest di Pontebba) e a destra, il settore Fella sino a Montemaggiore. Il settore But – Degano era ripartito a sua volta in tre settori: Val Degano, Alto But e Val Chiarsò.
Le disposizioni del Comando Supremo affidavano al settore But-Degano una salda difensiva, così al settore Fella, senza tuttavia escludere la sua partecipazione ad azioni offensive della 2ª armata schierata alla sua destra. Il Comando Supremo attribuiva somma importanza al contrafforte compreso nel settore Fella, monte Zermula, monte Cullar, monte Sernio, la perdita del quale poteva causare la separazione dei due settori e l’aggiramento dello sbarramento di Chiusaforte.
Per quanto riguarda gli intendimenti dell’avversario, in tutti i piani operativi studiati dagli austriaci sin dal tempo di pace per un eventuale conflitto con l’Italia, particolare valore strategico viene attribuito al Passo di Monte Croce Carnico, compreso nel sotto settore dell’Alto But, lo sfondamento delle sue difese, infatti, avrebbe potuto aprire all’Esercito austriaco la strada verso le valli del But e del Chiarsò le quali, insieme con quelle del Fella, erano considerate dallo Stato Maggiore di Vienna come le porte principali per l’invasione dell’Italia.
La preziosa opera delle Portatrici di Timau e Paluzza si svolse nel settore Alto But e in parte nel settore Val Chiarsò, sino a ridosso della linea del fronte che si estendeva dal monte Coglians (2.780 m.), Cresta Collinetta (2.188 m.), Passo di Monte Croce Carnico (1.360 m.), Pal Piccolo (1.886 m.), freikofel (1.757 m.), Pal Grande (1.809 m.), Pizzo di Timau (2.117 m.), linea difensiva del battaglione alpini a reclutamento locale Tolmezzo e Val Tagliamento. Il sotto settore di destra, il Val Chiarsò, si estendeva dal Pizzo di Timau, Cima Avostanis (2.193 m.), Passo Pramosio (1.804 m.), monte Questalta (2.198 m.), monte Cullar (1.794 m.) ed era presidiato dai battaglioni alpini a reclutamento piemontese Borgo San Dalmazzo e Saluzzo. Il fronte servito dalle Portatrici di Paluzza comprendeva anche parte del sotto settore Val Chiarsò siano al monte Questalta. Al rimanente tratto di linea del sotto settore Val Chiarsò provvedevano le Portatrici di Treppo Carnico, di Ligosullo e di Paularo.
In sostanza, la linea di combattimento rifornita dalle Portatrici di Paluzza e degli altri Comuni dell'Alto But, Sutrio e Cercivento, aveva un'ampiezza frontale di circa 16 km, poichè si estendeva dal monte Coglians al monte Questalta; comprendeva inoltre le posizioni più arretrate di Monte Terzo e del Lavareit.
Sullo stesso fronte dei sotto settori Alto But e Val Chiarsò si sono succeduti, in relazione all'attività del nemico e all'andamento generale delle operazioni sull'intero fronte della zona Carnia, altri battaglioni alpini, di fanteria, di bersaglieri e guardia di finanza.
Che tutta la linea zona Carnia e in particolare, del sotto settore Alto But, su cui incideva il Passo di Monte Croce Carnico, fosse una linea "calda" lo dimostrava, tra l'altro, il fatto se dopo solo 40 giorni dall'inizio della guerra venne conferita alla Bandiera dell'8° Reggimento Alpini la medaglia di argento al valor militare, con questa motivazione: "per l'incontrollabile tenacia, il superbo valore, l'abnegazione cui dettero prova i battaglioni Tolmezzo e Val Tagliamento in aspre violentissime lotte, saldamente mantenendo il possesso di importanti posizioni a prezzo di un largo e generoso olocausto di sangue (Pal Piccolo, Freikofel, Pal Grande - 24 maggio 1915)".
La forza media presente nei due sotto settori Alto But e Val Chiarsò, si aggirava costantemente intorno ai 10 - 12 mila uomini. Tutti questi soldati per vivere e combattere nelle migliori condizioni di efficienza materiale e morale, dovevano essere vettovagliati ogni giorno e riforniti di munizioni, medicinali, materiali di rafforzamento delle postazioni, attrezzi vari e così via.
Dal fondo valle, dove erano dislocati i magazzini e i depositi militari, sino alla linea del fronte, non esistevano rotabili o carrarecce che consentissero il transito di automezzi e di carri a traino animale, potevano seguire a piedi solo piste, sentieri e qualche mulattiera. Ogni rifornimento dei reparti schierati a difesa del confine doveva perciò avvenire col trasporto a spalla, per effettuarlo non si poteva sottrarre militari alla prima linea senza recare pregiudizio alla efficienza operativa delle varie unità. Le salmerie dei battaglioni non bastavano e d'inverno non erano impiegabili.